Un tempo i cataplasmi
erano molto adoperati, anzi essi costituivano l'unico modo conosciuto per
curare un processo infiammatorio. Il loro scopo era quello di accelerare e
favorire la « maturazione » dell'infiammazione con l'applicazione di calore
umido sulla parte ammalata. L'impiego prima dei sulfamidici e poi degli
antibiotici ha completamente trasformato il modo di trattare queste
manifestazioni morbose.
Ciò non toglie però
che qualche volta il medico possa consigliare i cataplasmi.
Essi sono costituiti
da un impacco di una pastetta (generalmente di farina di semi di lino bollita),
piuttosto molle, avvolta in pezzi di garza e applicata più calda possibile
sulla parte; appena l'impacco
si raffredda si
toglie e si sostituisce con un altro in modo che la zona resti sempre
sottoposta al calore umido.
La farina di seme di
lino va diluita in parti uguali con acqua e scaldata lentamente, mescolandola
di continuo fino a che acquista una consistenza pastosa; la farina dei
cataplasmi già raffreddati non può essere riutilizzata. Il cataplasma va
applicato sulla pelle unta di vaselina e la sua temperatura provata sul dorso
della mano di chi lo prepara, qualche volta si versa sulla superficie del
cataplasma qualche sostanza medicamentosa, ad esempio il laudano.
Oggi anche il
fastidio dei cataplasmi con la farina di seme di lino può essere evitato; sono
in commercio, infatti, nelle farmacie speciali preparati a base di silicati di
alluminio e di glicerina che assolvono allo stesso compito, ma sono molto più
pratici, più puliti, durano di più (12-24 ore), ed esigono una preparazione molto
semplice. Essi si applicano direttamente sulla cute, come una pomata, dopo
essere stati riscaldati prima, come si conviene, a bagnomaria.
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